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Sono Miro Barsocchi Quality Assurance software tester, ingegnere Elettronico e, per ridere, anche speaker radiofonico, attore, barman, surfer. Puoi trovare il mio curriculum vitae lavorativo, i podcast delle mie trasmissioni e altro nel menù.

Le ultime cose
Perchè si fanno le cose? Perchè si visitano i posti? Per acchiappare, per vedere, per scoprire, per staccare, insomma per tanti motivi tutti comunque giustissimi. Alcuni motivi sono più strani di altri, per esempio io sono andato in Piemonte per vedere due gatti. Non due gatti “semplici” bensì due gatti Pallas (o Manul) che si trovano nel parco faunistico la Torbiera ad Agrate Conturbia. Il gatto di Pallas è un gatto selvatico molto schivo, in pericolo di estinzione, che vive in zone molto lontane e che sta in zoo in posti lontanissimi tipo il Giappone, o non raggiungibili tipo la Russia. Il gatto di Pallas è tenero, coccoloso e con due denti incisivi che credo ti stacchino una mano, è selvatico come pochi e per niente amichevole, tuttavia è bellissimo e quindi volevamo vederlo. Per questo abbiamo sfruttato il ponte del 25 Aprile per andare in Piemonte.  Poi sia chiaro, abbiamo anche visto le isole Borromee, mangiato in posti buonissimi e fatto una vacanza di relax e stacco completo dal lavoro. Ma rimane il fatto che siamo andati per vedere due gatti. Non mi nasconderò di fronte a questa verità. Diaro di viaggio Lago Maggiore, Arona, Stresa, La Torbiera Giorno 1 Un viaggio di 6/7 ore con passaggio veloce ad Alessandria per arrivare ad Arona, dove siamo stati a dormire nel meraviglioso b&b le Due Rocche vista lago con ampie camere e qualsiasi tipo di comodità, veramente consigliato! La sera iniziamo subito con una buonissima mangiata al ristorante Battipalo a Lesa e poi a seguire una camminata notturna lungo lago. Giorno 2 Il main event della vacanza è la visita al Parco la Torbiera. Il parco è privato e al suo interno ci sono tantissimi animali, più o meno in rischio di estinzione, che vengono tenuti in abbastanza ampi spazi, per garantire la coservazione e la riproduzioni. Gli animali sono bellissimi, vedere un leopardo nebuloso è un esperienza unica, il ghepardo, il panda minore, i capibara (che comunque sono animali commerciali ormai), scoprire che un tapiro non è per niente un animale piccolo ma è grande come un cavallo, è un esperienza bellissima. Il personale è gentile, il panino e il ristoro interno sono molto consigliati visto che abbiamo pranzato con un ottimo pannino con la salsiccia (ovvero panino con la salama, come da nome locale) accompagnato da una bottiglia di vino fatta a pochissimi km dal posto, e non naturale-biologico che a noi ci piacciono i solfiti, mica i vini che sanno di vomito.  Per vedere il gatto pallas ci vuole poco, perchè sta là nel suo spazio, insieme alla sua compagna. Il fatto è che non è esattamente un animale attivissimo. Buona parte del tempo sta appalloccolato su se stesso a dormire, ogni tanto alza la testa, ti guarda e poi si riaddormenta. Per un visitatore qualsiasi sarebbe sufficente, ma non per noi che abbiamo fatto 700km per vedere due gatti. Quindi si, il tempo passato davanti a quella gabbia è stato probabilmente superiore a qualsiasi tempo che avete in mente. Il numero totale dei passaggi davanti per vedere se i due simpatici animaletti avessero fatto qualcosa di diverso, si è assestato a 3 passaggi totali dopo aver fatto due giri. E vi assicuro che non è normale. Alla terza volta, spinti dalla signora della biglietteria, la simpatica coppia di felini si è mostrata di un attivismo assurdo: corse, slinguazzate reciproche, schiaffoni, sguardi, salti. Una roba che per noi è stata così grande che, probabilmente, visti da fuori sembravamo dei pazzi invasati. Infatti ogni altro avventore si è tenuto alla larga da noi durante questo momento. Usciti da lì abbiamo fatto la visita all’Eremo di Santa Caterina del Sasso e un velocissimo passaggio da sotto con la macchina alla Rocca di Angeri. Per la sera mangiata al ristorante Sancarlino ad Arona e per concludere, due gin tonic al pub Tusighin con musica dal vivo del gruppo rocks4fun, una cover band di 50enni che si conoscono dai tempi dell’oratorio.  Giorno 3 Ci si alza e andiamo a vedere la statua del San Carlone e poi, visto che stai sul lago Maggiore, vanno visitate le isole Borromee. I Borromeo era molto cazzuti al tempo, e un isola è ancora loro. L’isola Madre e l’isola Bella sono strepitose, sull’isola Madre c’è un palazzo che custodisce un museo di marionette e di teatrini veramente impressionate, l’isola Bella ha un palazzo che per sfarzo, ampiezza e varietà delle stanze, lascia senza fiato. I giardini hanno fiori e colori bellissimi, le specie di piante sono tantissime. Il giro comprende anche l’isola dei pescatori, che i pescatori non ci stanno più e ci stanno principalmente ristoranti. C’è anche una graziosa chiesetta e il mini cimitero dietro, da visitare anche se passare per un cimitero con la puzza di fritto della canna fumaria del ristorante sotto non è il massimo. Il giro non è propriamente economico: il biglietto per le tre isole costa sui 16 euro, poi c’è l’entrata ai palazzi che costa 32 euro (ma se lo fai online da un’altro sito, non da quello che è indicato quando stai sull’isola che invece te lo fa pagare 34), il parcheggio per la macchina al porto sono altri 15 euro. Ammettiamo che hai fame durante la visita all’isola Madre, c’è un bar ristoro con 6 persone a lavoro completamente inefficenti che, per soli 9 euro, ti danno il toast più insapore del mondo. Ma per 13 euro puoi avere un panino (credo altrettanto insapore) con una fetta di salmone. Il consiglio è portarsi dei panini da casa e probabilmente non mangiare all’isola dei pescatori che sembra una mega-trappolona per turisti.  Menzione di disonore per un guidatore di traghetto che sembrava proprio alle prime armi. Volevamo fare un giro a Stresa, ma la pioggia e la stanchezza non hanno aiutato, così abbiamo preso un tagliere e un panino molto buono al buscion che è una piccola vineria. Per cena, con un mare di stanchezza addosso, si torna ad Arona, al ristorante Trias.  Foto   Recensione bocca de fregna Ristorante Battipalo Arona Il Battipalo a Lesa è un ristorante sul lago con una bellissima vista, personale competente, gentile e che ti fa stare a tuo agio. Il menù degustazione costa 60 euro e li vale. Il menù comprende Antipasto di benvenuto composta da un piccolo flan buono, una noce di burro alla paprika dove però la paprika non si sentiva. Antipasto di polpettine buone, ma molto più buoni i mini tacos e la frittura in tempura di verdura L’ovetto croccante nel nido di agretti, macco di fave e formaggetto invece ci ha convinto meno. Una strana amalgama di sapori Luccio con asparagi, olandese al miso, verza uno dei due piatti top della serata Il risotto aglio nero, gorgonzala e limone bruciato il secondo piatto top della serata Trancio di storione, tzatziki al cedro e asparagi buono, ma non riesce a eguagliare il luccio. Quindi un “po’ meno” Zabaione e pratoline (dei biscottini) insieme ai mini cioccolatini molto buoni Nel complesso una bella serata, informale ma con stile, accompagnata da una carta di vini per tutte le tasche, cortesia e gentilezza. Certo, qualcosa c’è piaciuta di meno, ma mica si può volere tutto! E poi siamo sempre gente che non fa le critiche ai ristoranti per vivere, quindi quando dico che è buono credeteci. Quando dico che è meno buono prendetelo con le pinze e andate a provarlo.   Link utili Lago Maggiore, Arona, Stresa, La Torbiera Parco la Torbiera, Agrate Conturbia Appartamento le Due Rocche ad Arona Ristorante Battipalo, Lesa Ristorante Sancarlino, Arona Pub Tusighin, Arona Vineria buscion, Stresa Ristorante Trias, Arona Gruppo musicale rocks4fun   [...]
Un contributo di Sabino Capogreco Povere Creature (Poor things) Apprezzo la colta commistione dei generi e ambientazioni (gotico, picaresco, steampunk) e le interpretazioni di Defoe, Ruffalo e la Stone (sì, prima delle donne metto l’articolo, problemi?). L’Oscar alla Stone non è neanche azzardato perché simulare tutti quegli orgasmi non deve essere stato semplice. Però, mi chiedo, quali sono i significati metaforici di cui dovremmo tener conto, esclusi quelli comuni (e dunque triti e ritriti) ai summenzionati generi gotico e picaresco? Io non ne vedo altri all’infuori di quel grande classico riportato in auge dalla Signora Antonietta di Piglio nel corso di una recente intervista per “Propaganda Live”: non è ortica (e, se proprio volessimo cambiare rima, neanche “riccio de castegna”). La zona di interesse (The Zone of Interest) Film giocato interamente sul contrasto tra la vita agiata della famiglia di Rudolf Höß (da non confondersi con Rudolf Hess) nella magione adiacente al campo di concentramento di Auschwitz e le sinistre architetture che si intravedono oltre il muro di cinta. Del tutto ingiustificata la durata di un’ora e quaranta su questo singolo tema, sebbene si sia tentato di rimpolpare la trama con espedienti di bassa lega come le avventure clandestine (riprese al negativo) dell’inserviente polacca. Controversa a dir poco l’altra sub-metafora in itinere del bagno nel fiume: Höß e i figli se la stanno spassando al fiume, lui pesca essi fanno il bagno. Poi Rudolf rinviene, verosimilmente, delle ceneri nell’acqua e si precipita a riva trascinandovi anche i figliuoli. Conclusione: eh sì, abitare accanto ad Auschwitz ha anche altri svantaggi oltre alla distanza dal centro e dai principali servizi come la metropolitana, la farmacia e la Posta. Non sapendo più come menare il can per l’aia ecco la metaforona finale (già vista in “The believer”) del gerarca che discende all’infinito un’oscura tromba di scale tossendo qua e là, il tutto inframezzato dalle moderne immagini del museo che è oggi il campo di concentramento. Tutto troppo lungo, troppo scontato, troppo didascalico. Massimo “tappami Levante tappami” Ceccherini, co-sceneggiatore (!) del film concorrente (“Io capitano”) per l’assegnazione dell’oscar al film “straniero”, ha generato un vespaio di polemiche dichiarando: “Tanto lo fanno vincere a nostro discapito perché parla di ebrei”. Io Capitano Sollecitato dalle velenose parole di Ceccherini mi sono andato a guardare “Io Capitano” di Matteo Garrone. Qui, per fortuna, non ci sono metafore ma solo la cruda cronaca della migrazione di due senegalesi che da Dakar giungono al largo della Sicilia facendosi strada tra gli atroci soprusi delle diverse mafie schiaviste africane. Tutto molto realista (molto forzato il ricicciamento del cugino) e impressionante, ma, “Tolo Tolo” di Checco Zalone riuscì a stimolare, su una scala ampiamente più larga, le stesse riflessioni sulla stessa tematica con il contrappunto della farsa comica e un abile gioco di satira politica dx-sx che in Italia arrapa sempre chiunque. Meritava l’Oscar più de “La zona di interesse”? Non meritava nessuno dei due ma siamo comunque nello sciatto territorio delle opinioni personali e, inoltre, non intendo guardare per conferma gli altri impegnatissimi film in concorso. Godzilla e Kong – Il nuovo impero (Godzilla x Kong – The New Empire) Bisognoso d’intrattenimento d’evasione mi sparavo, infine, l’ultimo capitolo del “Monsterverse” Warner Bros. Semplicemente esaltante! I mostroni in CGI fanno a cazzotti per oltre la metà della durata, la trama “umana” a corredo si fa guardare molto più che nei precedenti capitoli della saga dove, invece, faceva brandelli delle gonadi degli spettatori. Rappresenta motivo d’orgoglio il fatto che tra le metropoli sventrate dalle battaglie tra i titani vi sia anche la nostra capitale. Godzilla infatti dapprima sfragna un immenso crostaceo ripieno di poltiglia marrone (giunto via Ladispoli) in zona Celio-Campitelli, poi, prende dimora all’interno dell’Anfiteatro Flavio (altresì noto come “Coloseo”) acciambellandovisi all’interno, con inconsueta premura, tra lo stupore di un paio dei caramba accorsi. La vicenda trasuda amore il nostro Paese: il Cairo e Rio de Janeiro, siti delle altre megarisse del film hanno visto raso al suolo l’intero loro patrimonio artistico e urbanistico. Tutto ciò, inoltre, offre l’assist per una tempesta di sapide ricorrenti battute romanocentriche su: buche, traffico, inefficienza dei trasporti pubblici, svalutazione immobiliare in zona Godzilla, impatto del termovalorizzatore di Santa Palomba, coesistenza Papa/Godzilla, Gualtieri che è peggio della Raggi ma più protetto dai media. [...]
Un weekend nell’alto Lazio in moto. Una tre giorni di Pasqua tra borghi, mangiare, agriturismo e tante belle curvette per gli amanti delle gite in moto. L’occasione è data da una Smart Box che, continuo a pensare, siano il male moderno dei regali (insieme ai buoni Amazon): sono il simbolo della pigrizia e della poca conoscenza del festeggiato/a, scaricano il barile della scelta su chi riceve il pacco e, spesso, gli incastri tra i giorni in cui usare la smart box, dove andare, i vincoli di persone, i vincoli di “questo è incluso ma questo no” rendono il tutto un accollo non da poco.  Questa volta l’agriturismo Ferramosca si è rivelato più che all’altezza, un bel posto a gestione familiare con camere semplici ma comode, confortevoli e con accessi anche per disabili. Una buona cucina di materie prime veramente buone e un piccolo spaccio dove comprare confetture, marmellate, passate e conserve. Sabato Partenza da Roma, autostrada A24 e uscita a Vicovaro Mandela. Si sale passando per Licenza, Orvinio e si arriva all’Agriturismo Ferramosca. Una piccola passegiata a Collalto Sabino con una bellissima mostra fotografica di Angelo Novi. Poi via a posare le valigie, pranzo a menu fisso con fettuccine panna, funghi e salsiccia, grigliata di carne e dolce buonissimo (la millefoglie spaziale!). Poi un pomeriggio di niente, tipo che dormi che alla fine sei in vacanza mica devi per forza fare 10mila cose. Domenica Si riprende la moto e via per un giretto completo il giorno di Pasqua. Passaggio a Castel di Tora, un bellissimo borgo incastonato sul Lago del Turano, di nuovo in moto verso Poggio Moiano, Scandriglia e visto che l’ora è quella del pranzo, vediamo che c’è a Montorio Romano, e a Montorio c’è il ristorante Pizzeria a Corte. Ristorante Pizzeria a Corte A Pasqua menù fisso, ma meno male che c’era un posticino per sedere, che in molti ristorante non c’era proprio possibilità di mangiare. Il menù fisso prevede antipasto all’Italiana con salumi e formaggi, la coratella (grande classico della Pasqua), fettuccine funghi e asparagi selvatici, ravioli ricotta e spinaci al sugo di pomodoro, un ottimo abbacchio perfettamente cotto e saporito. Crostata di ricotta, una simil-pastiera (poco simil eh… ), vino a volontà, caffè e amaro. 45 euro. Prezzo giusto e gusti ottimi sotto tutti i punti di vista. Consigliato. Da Montorio la strada del ritorno può essere facile, oppure difficile. Quindi ho scelto la via difficile (traduzione: Google Maps ha scelto la via difficile) ovvero una strada di campagna, sterrata e anche molto dissestata fino ad Orvinio. Ha messo alla prova le capacità di guida, ma grazie sia alla moto (se avete una stradale non ci neanche provate) sia ad una ritrovata lucidità nonostante il vino del pranzo, siamo riusciti a tornare all’agriturismo senza cadute o problemi. Ed è stato anche divertente. https://www.mirobarsa.com/wp-content/uploads/2024/04/20240331_163411.mp4 I segreti dell’alto Lazio Lunedì ritorno a Roma, coperta da una spessa coltre di sabbia del Sahara tanto per intossicare un poco i polmoni e zozzare le auto. [...]
Ci sono 3 bambini tra i 139 morti, 139 persone uccise mentre erano fuori di casa vittime di un attentato terroristico. E anche se i bambini ci fanno empatizzare di più rispetto agli adulti, diciamocelo pure che non ce ne frega niente perché sono Russi.  Perché i morti sono tutti uguali, perché Je suis charlie hebdo, perché vicini al popolo Israeliano dopo gli attentati del 7 Ottobre, ma alla fine ci stanno morti e morti. Se muore uno sotto casa, e lo conosci, è meglio di uno che muore e non conosci. Poi se non lo conosci, non ha la tua età, non fa il tuo stesso lavoro, allora vale ancora meno. E figuriamoci se non è neanche Italiano! E poi pure tra i non-Italiani, ci stanno quelli non-Italiani che sono meglio di altri. Tipo gli immigrati che affogano in mare non valgono molto, se poi i morti sono Russi allora non solo chi se ne frega, ma anche meno male che sono morti! Perché se la sono cercata, perché hanno attaccato l’Ucraina. Certo, quelli è colpa di quelli che erano al teatro! È colpa loro dell’attacco all’Ucraina. Sono tutti uguali, è colpa di tutti i Russi e quindi è giusto ammazzarli. A questo punto direi di ammazzare tutti quelli di una nazione, cultura o colore. Quindi si, ammazziamoli tutti indistintamente e solidarizziamo solo con gli amichetti nostri, o almeno facciamolo fino a quando sono amici, appena cambiano fronte allora ammazziamoli tutti, che tanto per nascita, nazionalità, cultura o colore, alla fine valgono meno. Meno male che c’è la religione, l’educazione scolastica, la legge e la morale sopra di noi che non ci fa pensare così semplicisticamente… già meno male. Buona Pasqua     La foto di copertina è dell’attentato di Fiumicino del 1985, 13 vittime Italiane e non. [...]
Claudio è il cugino con il quale ho passato molte estati, quelle della giovinezza, della spensieratezza (bah insomma… raccontiamocela così va, che alla fine il passato è sempre più bello col senno di poi). A casa di Sandra e Mauro ho dormito e portato amici, fidanzate e amanti, il lungomare di Lido di Camaiore mi ha visto passare dentro un passeggino e alla guida di una macchina… e quindi Claudio s’è spostato con Sarah. Molti amici, qualche parente (che non siamo tantissimi) e la soddisfazione di aver conquistato lo stato  di “Miro” e non di “ilCuginoDiRoma” che ci sono voluti solo 30 anni per guadagnarlo.  E poi una bellissima e divertentissima festa al Carpe Diem. La domenica dopo ci siamo visti a Prato con Simone, Eugenia, Antonella e Francesco che in Toscana vivono. Un pranzo all’Osteria su santa trinità, seguita da una passegiata nella distopica Chinatown di Prato alla ricerca di bevande con la faccia di Sailor Moon (le abbiamo torvate ma sono pessime da bere) e poi via verso Firenze.  Recensioni bocca de fregna dell’Osteria su santa trinità (Prato) Una buona osteria con cucina tradizionale. Pici al capriolo buoni, buoni i tortelli (i giganti) con il lardo anche ma il lardo, a dirla tutta, si sentiva poco. Maiale in crosta, peposo, trippa di buona fattura. Anche il capocollo al lardo di colonnata, dove sta volta il lardo si sentiva e ci stava benissimo. Per dolce ho preso i cantuccini, ma si poteva anche prendere “la Pesca di Prato” che è una pastarella Pesca (quella con le due metà unite e l’alcherms) ma che a Prato si chiama “pesca di Prato” pur non essendo nessuno di noi sicuro della sua provenienza (la vendono pure a Roma, a Firenze e mica si chiama la pesca di Prato….boh). Direi un poco sovraprezzato, ma va bene. Lunedì e Martedì, grazie all’ospitalità di Eugenia e Simone, abbiamo dormito, mangiato e lavorato in quel di Firenze. Abbiamo assagiato e pasteggiato con del gin locale, con dell’ottimo pesce portato da Viareggio (che fai, non vai via dalla Versilia con seppie e due spigole dentro al bagagliaio? Che pischello che sei….) e poi via verso la capitale. Osteria su Santa Trinita Vicolo Neroni, 4 Angolo Via Santa Trinita, 59100, Prato Italia Grazie agli amici, ai parenti, ai pettegolezzi e all’ennesimo telefonino che ho sfiasciato. Viva il capitalismo e il lavoro delocalizzato [...]